Come rendere accessibile un luogo di lavoro?

Non basta abbattere un muro, aprire una porta o predisporre un tavolo basso Rendere accessibile un luogo di lavoro non può più essere considerato un valore aggiunto, ma la normalità da raggiungere per essere definito un ambiente sano in cui convivere con pari dignità perseguendo i medesimi obiettivi.

L’accessibilità, nel suo significato più comune, non può più rimanere confinato puramente nell’abbattimento delle barriere architettoniche, ma deve allargare la visuale anche al pieno rispetto, ad esempio, del 1° articolo della nostra Costituzione che recita “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro”. Secondo i padri costituenti, il diritto al lavoro è la condizione essenziale perché tutti i cittadini siano liberi e uguali, lo strumento attraverso cui le persone possono emanciparsi e realizzarsi. Quindi, la Repubblica italiana ha il compito di “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese” (articolo 3 della Costituzione). Accessibilità non è solo per persone con disabilità motoria, ma anche sensoriale, intellettiva o invisibile, è questione di rispetto, formazione, conoscenza.

Riassumiamo il concetto di accessibilità lavorativa in 3 ambiti di appartenenza:

  • la rimozione di ogni barriera architettonica che limita l’autonomia della persona;
  • le disposizioni sul collocamento obbligatorio; 
  • il rispetto della normativa in materia di sicurezza.

In ambito di abbattimento delle barriere architettoniche la normativa, seppur molto datata, ci viene in soccorso, grazie al D.M. 236/1989, che indica i requisiti che i datori di lavoro devono rispettare per permettere alle persone con disabilità e con difficoltà motorie di usufruire degli spazi lavorativi in autonomia. Il decreto prende in considerazione 3 livelli di qualità degli edifici: accessibilità, visitabilità e adattabilità. Teniamo presente però, che le normative non sono le stesse per tutti i luoghi di lavoro, ogni azienda può avere un iter a sé. Prendiamo però in considerazione gli ambienti tipo per avere riferimenti concreti a ciò che viviamo quotidianamente: le altezze dei mobili o i loro relativi ingombri, gli accessi, i macchinari, tutti elementi che vanno a costruire la reale accessibilità di un ambiente. 

Ma accessibilità non è solo strutturale ma può riguardare anche la possibilità di poter svolgere un determinato lavoro, occupando un ruolo in Azienda. Tutto ciò può essere normato dal collocamento obbligatorio per le categorie protette. In relazione alle dimensioni dell’Azienda sono riservate determinate quote variabili a persone con disabilità, che devono essere obbligatoriamente inserite. Nessun obbligo di assunzione è previsto fino a 14 dipendenti, dai 15 ai 35 è necessario assumere 1 lavoratore disabile che sale a 2 nella fascia da 36 a 50 dipendenti. Le aziende con più di 50 dipendenti devono, invece, riservare il 7% dei posti in favore delle categorie protette.

Non solo lavoro, ma anche tutela della sicurezza della persona per completare l’argomento di accessibilità. L’articolo 63 del Testo Unico n.81 del 9 aprile 2008 stabilisce che “i luoghi di lavoro devono essere strutturati tenendo conto, se del caso, dei lavoratori disabili”, quindi l’azienda è tenuta a rispettare il diritto alla sicurezza anche della persona con disabilità, senza pericoli per la salute, apportando accortezze per migliorare la situazione. Pensiamo a porte, vie di fuga, ascensori, scale, docce, servizi igienici e posti di lavoro da utilizzare da lavoratori con disabilità devono essere strutturati tenendo conto della loro sicurezza.

Sono tanti gli aspetti da tenere in considerazione per rispettare il concetto di accessibilità anche in ambito lavorativo. Sicuramente fuori da ogni normativa, il 1° passo da compiere per iniziare un percorso sensato in tale ambito, è l’ascolto dei propri lavoratori con disabilità, perché spesso l’accessibilità vive di norme datata che non vanno più d’accordo con la realtà, quindi rispettate quelle, è giusto dialogare per trovare alternative opportune.

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